Nel mio lavoro con il paziente vengo aiutato non solo dall’esperienza ma anche dalla passione per il lavoro psicanalitico. Passione che consiste fondamentalmente
nell’Ascolto attento alla Storia Personale del mio paziente.
Questo approccio, che nasce in larga misura dalla disposizione psicologica del terapeuta oltre che dall’orientamento culturale Junghiano, durante le sedute crea quell’atmosfera di comprensione e contenimento che aiuta il difficile lavoro del paziente nel narrarsi anche quando deve toccare aspetti dolorosi della sua storia e dei suoi vissuti.
Il mio approccio, analitico Junghiano, mi permette di raggiungere e modificare quelle strutture psichiche profonde che rendono il lavoro psicoterapeutico
più incisivo e quindi anche più duraturo nel tempo.
Il lavoro psicologico messo in essere da questo percorso terapeutico è un lavoro che il paziente conduce in prima persona con un impegno che lo rende, seduta dopo seduta, maggiormente consapevole e responsabile.
La cura è finalizzata a far emergere quelle risorse che permetteranno comportamenti e modalità diverse e più mature per affrontare la realtà, con il risultato di far sentire la persona al centro delle proprie scelte e più vicino alle
proprie emozioni, come scrive magistralmente Friedrich Salomon Perls : “Il fine della terapia consiste nel far sì che il paziente non dipenda dagli altri e scopra fin dal primissimo momento che può fare molte cose, molte più cose di quelle che crede di poter fare.“
IL SEGRETO PROFESSIONALE
Garantisco che tutto ciò che mi viene raccontato durante la seduta rimane nella stanza d’analisi.
Lo Psicoterapeuta, per essere credibile, dev’essere in grado di custodire i racconti dei suoi pazienti: infatti, mantenere il segreto professionale è condizione ineludibile per lo svolgimento di una psicoanalisi. L’analisi è disciplina discreta!
Il segreto professionale per lo psicoterapeuta non è solo un obbligo come in altre discipline mediche, ma una condizione mentale necessaria allo svolgimento del lavoro analitico.